Cominciamo col dire che, quando si parla di qualunque dipendente della Banca d’Italia, non parliamo dell’ultimo dei passanti, né di scarti di scuole e università, né di braccia strappate all’agricoltura. Tutti noi colleghi siamo persone iperqualificate a ogni livello, e abbiamo sostenuto concorsi difficilissimi per l’ingresso in Banca.
Alcuni di noi sono stati scelti per lavorare in Vigilanza.
Anche in questo caso, è giusto sottolineare che parliamo di persone che, con il lavoro quotidiano e a tutti i livelli di responsabilità, hanno evitato che in Italia si verificassero fenomeni di dissesto bancario che abbiamo visto in altri Paesi.
Stiamo parlando quindi di persone molto capaci, che però - quando si deve ragionare del loro futuro, perché l’organizzazione della funzione ove operano è anche il loro futuro - vengono prontamente accompagnate alla porta, come a dire: “queste cose sono troppo grandi per voi, continuate a giocare al piccolo vigilante”, mentre nel frattempo - come novelli alchimisti medievali - alcuni (pochissimi) si chiudono in una stanza e giocano ai grandi strateghi.
Unapproccio micidiale, sia per il messaggio che trasmette al personale (“tu non conti niente”), sia per gli stessi risultati aziendali che produce: basta pensare ai problemi derivati dalla precedente (e recente) riorganizzazione della Vigilanza, urgentemente voluta dall’allora Direttorio e dal Funzionario Generale Tarantola per impedire che la Vigilanza potesse continuare a lavorare un po’ troppo bene e in modo un po’ troppo libero, come aveva dimostrato di fare all’epoca di Castaldi e Clemente.
Ora circolano voci e circola soprattutto incertezza, che non consente alle persone di lavorare serenamente, né di metabolizzare questo ennesimo cambiamento cui vengono sottoposte, nonostante rassicurazioni contrarie, con il rischio che il cambiamento venga poi rigettato da chi invece andrebbe coinvolto, chiarendo anche i motivi delle scelte che si intende compiere.
Si parla addirittura di otto o nove Servizi di un futuribile “Dipartimento Vigilanza” (ne sapremo qualcosa il prossimo 18 settembre, ndr), tanto per far lievitare poltrone e prebende - ma sempre a beneficio di pochi. A questo punto, tanto varrebbe fare un Servizio ogni 10 colleghi. In questo modo, uno su dieci sarebbe capo servizio, un altro il vice, altri tre fanno i capi divisione, altri tre fanno i sostituti e poi ne restano due. Qualcuno che lavora serve sempre, intendiamoci!
Queste voci, che solleticano gli appetiti di molti, hanno finito paradossalmente per costituire un ulteriore deterrente per molti dirigenti a prendere seriamente in considerazione l’idea di partecipare alla spedizione europea verso il SSM: se Parigi val bene una Messa, Francoforte evidentemente non vale un posto da Capo Servizio, Vice Capo Servizio e nemmeno da Capo Divisione.
A proposito di Francoforte, resta intatto il deserto informativo.
Non si sa nulla per quanto riguarda il trattamento pensionistico, tranne che la Banca ha risposto al SIBC, al CIDA e al DASBI che è disponibile a “definire in sede negoziale soluzioni idonee” (la lettera a noi indirizzata la trovate allegata in fondo). Quindi, per assicurare la pensione ai colleghi, bisogna negoziare, il che è già significativo dell’approccio alla questione.
Non si conoscono con precisione nemmeno i trattamenti economici previsti, tanto che i colleghi sono costretti ad arrabbattarsi lavorando su file apocrifi che potrebbero anche essere sbagliati, o che qualche burlone potrebbe facilmente alterare per cambiare il risultato finale. Non si dice nulla dei contributi per il rientro periodico e non si dice nulla per le spese di sistemazione e alloggio che i colleghi dovranno sostenere. Nemmeno a pensare che si possa poi dire qualcosa sui criteri di scelta delle persone: figuriamoci!
Pensate che i colleghi tedeschi e francesi ricevano lo stesso trattamento?
Fra l’altro, oltre al tema concreto del “subito” (stipendio, trattamento previdenziale, contributi, ecc.) c’è un duplice problema che riguarda il “poi”. Quello legato al verosimile rientro di molti dopo il periodo di 3-5 anni all’estero, a cui nulla si dice circa il reinserimento lavorativo, le prospettive, eccetera. E poi c’è quello legato alla situazione lavorativa concreta che si dovrà affrontare in BCE, dove risulta ci sia una competizione feroce e certo nessuno sta aspettando gli italiani con i tappeti rossi.
Si rende così più difficile per il personale - lasciato in questo stato di incertezza - compiere serenamente scelte importanti, col rischio di privare la vigilanza europea del contributo di personale italiano qualificato, minando l’interesse del Paese e della Banca a esportare il nostro metodo di vigilanza, che tutto sommato ha dato ampiamente buona prova di sé.
Ma nulla è dato sapere, come dicevamo all’inizio: “tutti fuori” - anzi, visto che si parla di Francoforte: “Raus”! Tutti fuori dalla stanza dove si gioca a Risiko con le poltrone al posto dei carri armati, sapendo che alle truppe tocca sempre la solita fine.
Il problema è che fino a quando non ci liberiamo dello spread di trasparenza, sarà davvero difficile riuscire a colmare altri tipi di spread, di cui si parla tanto sui giornali e di cui ci parlano anche le nostre tasche.