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lunedì 9 settembre 2013

CSR - La riforma per "sfilarci" la Cassa

Caro Bechis, se lei si informasse su quante condizioni vantaggiose hanno i dipendenti di una qualsiasi banca privata in Italia dalla banca presso cui lavorano – condizioni che noi dipendenti della Banca d’Italia non abbiamo neppure dalla Cassa di cui siamo soci azionisti e proprietari – forse scriverebbe degli articoli più utili ai suoi lettori.
Ma veniamo a noi soci e proprietari– fra, l’altro, oltre a Bechis, la scorsa settimana abbiamo anche letto volantini un po’ allucinogeni, quindi per consentirvi di scegliere in modo consapevole sara necessario farne una lettura ragionata insieme a voi, già in settimana.

1. COME SIAMO ARRIVATI A QUESTO PUNTO: FATTI E RESPONSABILITA’ SPECIFICHE
Da molto tempo, il SIBC denuncia la grave situazione di malgoverno della Cassa. Il SIBC, in inquietante ma significativa solitudine, ha svelato fatti e gravi anomalie, alcune delle quali tardivamente corrette dagli organi della Cassa, come vi racconteremo in uno dei prossimi interventi. Fatti specifici, a cui corrispondevano specifiche responsabilità: niente che fosse attribuibile al buco dell’ozono, ai marziani, alla siccità, all’11 settembre.
Per noi, quindi, la situazione in atto dipende esclusivamente dalle persone in carne e ossa che compongono il CDA.
Persone a nostro avviso inadeguate, in costante e aspra contrapposizione, solitamente per questioni estranee agli interessi dei soci, proseguita,come nulla fosse, anche dopo i pesanti rilievi ispettivi, che avevano stigmatizzato tali comportamenti. Questo riguarda anche noi, non facciamo solo la morale agli altri; solo che la nostra Consigliera, noi, l’abbiamo indotta a uscire dal SIBC, perché il suo operato - come quello degli altri Consiglieri - era lontano anni luce dagli interessi dei soci della Cassa. Noi l’abbiamo fatto subito, mentre tutti gli altri continuavano a tenersi e coccolarsi i propri Consiglieri: lo fanno ancora oggi! Dobbiamo ritenere che il loro comportamento sia stato rispondente al volere e ai valori di quei sindacati.
Troppe iniziative sono state volte unicamente a radicalizzare lo scontro all’interno del CDA e a  determinare le condizioni per un “Commissariamento di fatto” della CSR da parte della Banca d’Italia.
Invece di lavorare nell’interesse della compagine dei soci, invece di adempiere al mandato ricevuto nell’assemblea del 2011, invece di rispettare quindi le promesse, gli impegni, le priorità, abbiamo assistito a comportamenti dannosi per il buon funzionamento della Cassa e quindi per i colleghi, ma utilissimi a chi - al vertice della Banca d’Italia - vuole mettere mano pure alla nostra Cassa.
Naturalmente, il fatto che qualcuno degli esponenti più in vista di questa conduzione della Cassa sia stato poi prontamente promosso in corso di mandato dalla Banca d’Italia, è un fatto puramente casuale.

2. NON E' QUESTA LA RIFORMA CHE SERVE
Questi scontri hanno determinato un’ispezione della Vigilanza che - non volendo sanzionare “ad personam” gli amministratori - è stata poi usata dal Vertice della Banca per imporre al Consiglio di Amministrazione di predisporre, praticamente sotto dettatura, una riforma dello statuto che finisce con l’attribuire le responsabilità dei fatti avvenuti in CSR non agli amministratori, ma al sistema di regole. Al buco dell’ozono, praticamente!
La riforma dello statuto (su cui dovremo votare nei seggi costituiti dal 17 al 25 settembre nei seggi presso le Filiali e i Servizi dell’area romana e nell’assemblea dei soci del 3 ottobre) prevede l’introduzione di un sistema duale che divide la funzione degli organi societari fra un Consiglio di gestione (con ampi poteri decisionali) e un Consiglio di sorveglianza (con nessun vero potere). I soci eleggerebbero solo quest’ultimo.
Il compito del sindacato, organismo che rappresenta gli interessi dei dipendenti della Banca d’Italia, non è quello di concorrere agli scontri e alle offese, o di partecipare alla gara a chi riesce a essere il peggior amministratore nel Cda, ma quello di denunciare come stanno le cose e pensare al futuro della Cassa e dei suoi 16.000 soci.
Vale sicuramente la pena di ribadire che la nostra banca popolare è interamente composta da dipendenti/soci e ha sempre conseguito risultati di bilancio positivi, per più di cento anni, grazie a un Consiglio di Amministrazione tradizionale, votato e composto da soci/dipendenti.
Anche oggi, con le attuali difficoltà finanziarie delle banche e della clientela bancaria, la CSR non presenta  rischi di credito o prestiti anomali, gode di un’ampia patrimonializzazione e di elevata redditività.
Imporre oggi un drastico cambio organizzativo, a nostro avviso, è quindi pericoloso ed elude il problema  che esiste, ed è inutile negarlo o derubricarlo a “normale amministrazione”. Problema per nulla legato alla governance, ossia al sistema di regole, ma alle persone (mancati accordi, contrapposizioni sindacali, ambizioni personali, protagonismo esasperato, compiacenza verso una parte dei vertici della Banca, ricerca di possibili promozioni o magari persino interessi personali).
Diciamocelo chiaramente: i sindacati dovrebbero fare un bel mea culpa, smetterla di usare la Cassa come un orticello per i propri scagnozzi o per fare iscrizioni violando le regole della Cassa (!!!) e immaginare, sin dal giorno dopo la bocciatura di questa inguardabile riforma statutaria, una modifica che salvaguardi il funzionamento del Consiglio, stabilendo requisiti più stringenti per tutti, ma salvaguardi anche un principio basilare: la Cassa è nostra, e non della Banca d’Italia.
Se il problema è nel comportamento delle persone (e dei sindacati), la soluzione è nella scelta delle persone (e dei sindacati). La soluzione è in mano vostra!
3. GESTIONE E SCELTE SOTTRATTE AI SOCI
Tanto più in quanto il nuovo Consiglio di Gestione, che poi sarebbe il vero dominus nel nuovo assetto se venisse approvato il nuovo statuto, non rappresenterebbe più noi soci (che infatti non lo eleggiamo): rappresenterebbe il Commissariamento della CSR da parte della Banca d’Italia. Basta leggere il testo dell’articolo nel nuovo statuto:
  1. il Consiglio di Gestione non è eletto dai soci, ma nominato dal Consiglio di Sorveglianza;
  2. i componenti del Consiglio non possono essere dipendenti di ruolo della Banca;
  3. oltre ai requisiti di onorabilità e professionalità previsti dalla legge, e che bastano anche a banchette come Intesa Sanpaolo, per dire, per il Consiglio è obbligatorio avere un’esperienza di almeno 5 anni negli ultimi 10, con elevato livello di responsabilità, in attività di vigilanza o di gestione, in ruolo apicale, condotta in banche, SGR e assicurazioni (peccato che Cuccia sia morto e che Geronzi sia stato condannato, altrimenti sarebbero sicuramente stati interessati a venire a gestiore la Cassa! In pratica, scherzi a parte, viene di fatto imposto che i gestori siano pensionati-exVigilanti-exFunzionari Generali)…
  4. l’accertamento del possesso dei requisiti spetta al Consiglio Superiore della Banca d’Italia (quello che delibera i tagli delle filaili e il blocco dei nostri stipendi, per intenderci: una garanzia! In pratica, viene imposto il gradimento del vertice della Banca d’Italia sui consiglieri, in nome dell’autonomia bancaria.

4. LE CONCLUSIONI
I consiglieri attuali hanno fatto di tutto, in questi trenta mesi, per convincere i colleghi che i sindacati fanno schifo e che è meglio che la CSR la regaliamo alla Banca. In questo sono stati ineguagliabili. Quasi quanto chi passa notizie riservate ai giornalisti per fare una campagna stampa contro la Cassa.
Ma non diamogliela vinta, anche perché i sindacati non sono tutti uguali. A proposito: molto interessante la posizione della Cgil, che dice di votare SI e quindi si è alleata alla Falbi che dice di votare NO.
Non siamo tutti uguali, e, in ogni caso, non diamogliela vinta. La Banca ha già sfilato troppe cose dalle nostre tasche, negli ultimi anni. Non regaliamogli pure la CSR!

Per questo, voteremo NO. Perché possiamo cambarla in meglio, e sappiamo come farlo. Lo scopriremo presto, con le proposte concrete del SIBC.