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lunedì 16 settembre 2013

Se arriva Barack Obama... Lettera al Direttore Generale

Egregio Direttore generale,
la Banca d’Italia ha certo bisogno di cambiare, di rinnovarsi, di togliersi di dosso retaggi del passato che ne ostacolano le prospettive.
Lei ha una formazione, una storia personale e un percorso diverso da molti suoi predecessori e, per questo, confidiamo che queste nostre riflessioni possano trovare attenzione in una persona non legata mani e piedi a logiche clientelari vetuste che sono soltanto un danno per la Banca.
Rinnovamento, quindi. Ma non ci riferiamo all’articolazione territoriale della Banca d’Italia, bensì alla capacità di sviluppare il suo ruolo e le sue funzioni nella società italiana, anche attraverso un rilancio delle motivazioni del suo personale. Alle opportunità, alle prospettive economiche e a quelle professionali, offerte a ciascun collega.

Nello scorso mese di luglio, il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama pronunciò un memorabile discorso, naturalmente ignorato dalle televisioni italiane, ma non per questo da chi Le scrive.
Ci permetta di leggerle solo alcuni passaggi di questo lungo discorso: sembra scritto per tanti di noi.
Ho appena girato per un anno lungo questo stato e ho ascoltato le vostre storie: storie di lavoratori orgogliosi i cui salari non riescono più a tenere dietro ai costi crescenti dei beni di consumo, storie di giovani che hanno le capacità ma non possono permettersi una formazione di livello. Storie di famiglie che hanno lavorato duro e hanno creduto nel sogno americano, ma che sentivano che le probabilità giocavano sempre di più contro di loro.
Negli anni 50, 60 e 70, una classe media che cresceva è stata il motore della nostra prosperità.
Sia che tu fossi il proprietario di un’impresa, o fossi quello che lava i pavimenti in quell’impresa, e in ogni posizione intermedia fra le due, questo Paese ti offriva un contratto semplice - sapere che il tuo duro lavoro sarebbe stato ricompensato con salari adeguati e benefici, la possibilità di comprare una casa, risparmiare per la pensione e soprattutto, assicurare una vita migliore per i tuoi figli.
Ma nel corso del tempo, questo motore ha iniziato a incepparsi. La tecnologia ha reso obsoleti alcuni lavori. E’ diventato più difficile per i sindacati proteggere la classe media. Sono stati approvati tagli fiscali per i più ricchi e poco si è fatto per le classi meno abbienti. Fra il 1979 e il 2007, i guadagni dell’1% più ricco della popolazione si sono quadriplicati, mentre quelli di una famiglia media sono rimasti fermi.
Queste crescenti diseguaglianze non sono solo sbagliate moralmente; sono sbagliate anche politicamente, economicamente. Creano instabilità, corruzione, cinismo. Quando i gradini della scala delle opportunità si allontanano l’uno dall’altro, si mina l’essenza di questo Paese.
La mobilità sociale verso l’alto è diventata sempre più difficile negli ultimi decenni. E’ il tradimento dell’idea americana.
C’è molto lavoro da fare. Io dedicherò ogni minuto del mio incarico ad un solo obiettivo: rendere il Paese più giusto”

Caro Direttore, un discorso tanto drammatico e di così alto profilo si adatta benissimo anche alla Banca d'Italia. Anche da noi una volta le opportunità erano diffuse, ogni strada era aperta in base alle proprie capacità (pensi al Governatore Ciampi, assunto come assistente!). Ora, invece, esistono troppe situazioni in cui, a fronte di sacche di privilegio, fa riscontro la marginalizzazione di una crescente fascia di personale.
Le opportunità ci sono, ma concentrate fra pochissimi: opportunità di formazione, di missione, di mansioni, di collocamento lavorativo, e attraverso formazione e missioni non eguali, di remunerazioni attuali non uguali a parità di grado e di sviluppi di carriera futuri non eguali.
Noi non siamo ideologi dell’egualitarismo, non pensiamo che tutti siano uguali. Ma pensiamo che la Banca possa scegliere di puntare, di investire, di spendere sul collega A invece che sul collega B solo in presenza di una motivazione pubblica e trasparente. In assenza di una motivazione pubblica e trasparente, è illegittimo che si discrimini fra A e B. A tutti vanno offerte le stesse opportunità. Avete giustamente introdotto le motivazioni per gli ultimi provvedimenti sul personale di grado superiore. Occorre diffondere le motivazioni per tutte le scelte discrezionali nella gestione del personale.

LA DISCRIMINAZIONE DELLE OPPORTUNITA'
La situazione attuale, caro Direttore, è lontana anni luce da questa. Abbiamo discriminazioni fra colleghi in base alla collocazione lavorativa. Alla residenza lavorativa. Abbiamo discriminazioni in base alle simpatie, in base al sesso, all’essere o meno in età feconda, e abbiamo discriminazioni - in diminutio o in privilegio - in base all’appartenenza sindacale. Abbiamo esempi specifici per tutto questo, persino nella formazione di gruppi ispettivi decentrati, caro Direttore, ed essendo temi molto delicati li affronteremo in altra sede. Tutto questo mina la convivenza. Lo spirito dell’Istituzione. Il senso di appartenenza alla Banca, alla stessa Banca.
Sappiamo che lei ripone molte speranze nella riforma delle carriere, e Lei sa che condividiamo la medesima speranza. Ma alla riforma delle carriere, che pure è il grimaldello per tanti nodi presenti e mai risolti, non attribuiamo poteri soprannaturali. Gran parte delle discriminazioni non nascono tanto dal sistema di regole esistenti, perché non avvengono né in ottemperanza, né in violazione di regole scritte: avvengono a prescindere, sfruttando ogni vuoto normativo, ogni spazio di discrezionalità. 
Un bel pezzo di riforma delle carriere, in questo modo, la Banca se l’è già fatto a suo uso e consumo: dando i soldi a chi gli pare, spedendo a Hong Kong, Singapore, Seul, Londra, Ischia, Sidney, New York, Taormina, Saint Moritz, naturalmente Francoforte e financo Las Vegas chi le pareva, favorendo certe categorie in danno di altre, senza dover rispondere a nessun criterio di merito. Inviando persone non qualificate in ispezione-premio a un mese dalle pensione. Trasferendo d’ufficio a casa loro alti dirigenti, a meno di un anno dalla pensione. E intanto, negando opportunità ai giovani, e soldi alla loro pensione. Bloccando gli stipendi, solo in apparenza di tutti. Una sistematica discriminazione delle opportunità.

Caro Direttore, se vogliamo cambiare la Banca, questa stagione deve finire per sempre. Tutti abbiamo diritto a partecipare alla formazione, all’addestramento, ai corsi, agli studi, tutti devono poter essere messi in condizione di crescere, di esercitare le proprie capacità. Ogni persona esclusa da questo è un fallimento gestionale e un fallimento morale.

La Banca è il suo Personale. E’ per questo che chiunque abbia a cuore l’uno o l’altra, deve far sì che finalmente si riapra un percorso di reale cambiamento. Noi facciamo appello ai colleghi, perché continuino a segnalarci questi fatti clamorosi, e perché diano forza al SIBC nella sua opera di giustizia ed equità.E facciamo appello a Lei, perché contribuisca a cambiare strada. 
Come dice Obama: c’è molto lavoro da fare. Dedicheremo ogni minuto del nostro incarico a un solo obiettivo: rendere la Banca più giusta.