scioglimento delle Camere di fine luglio, da cui la trepida attesa dell’esito delle elezioni.
Ipotesi, invero, inquietante.
Innanzi tutto perché ci hanno sempre raccontato che la Banca d’Italia è un'Istituzione indipendente dalla politica.
Decenni di transumanze continue tra i Vertici dell’Istituto e le maggiori cariche di governo e istituzionali erano state viste come un processo a una sola direzione: dalla Banca si esce per assumere una carica di alto livello nello Stato. Perché noi siamo bravi, siamo super partes, siamo tecnici, siamo migliori, eccetera.
Non si è mai riflettuto a sufficienza sull’esistenza di una dinamica in senso contrario. Che però esiste, specie da alcuni anni. I Vertici dell’Istituto sono nominati con un meccanismo complesso nel quale la politica è protagonista dominante. Se si connette questo aspetto a quello sopra descritto, potremmo arguire che, nel momento in cui la politica nomina i Vertici della Banca, sta nominando anche i possibili “tecnici/salvatori della patria”: cariche politiche a tutti gli effetti, con sottintesi vincoli reciproci fra le parti contraenti.
La commistione è quindi biunivoca, a 360 gradi. E l’indipendenza diventa una parvenza per anime belle. Il silenzio di queste settimane nasconderebbe quindi un'attenzione totale a tutt'altro, tipo valutare in extremis come "posizionarsi", per non essere tagliati fuori da nomine future: insomma, il vero lavoro che si fa con gusto a certi livelli. Delle carriere del personale gli interessa poco, se il 25 settembre è a rischio la loro.
Comunque la pensiate, buon voto a tutti.