Sulla CSR avremo molto da dire nelle prossime settimane, ma intanto cominciamo da quelle che evidentemente sono le malefatte di noi soci. Viviamo in un Paese che viene piano piano sbranato da un’evasione fiscale stimata intorno ai 180 mld annui, evasione fiscale che si avvale - tra l’altro - di infinite transazioni in contanti e non con moneta elettronica tracciabile. Per questo riteniamo che ogni misura che vada verso il superamento dell’uso del contante sia utile a tutti noi cittadini e contribuenti onesti.
Detto questo, ci ha molto sorpresi che - nell’ambito delle misure assunte per “l’adeguata verifica della clientela” contro fenomeni di riciclaggio e terrorismo - la CSR avesse assunto per i propri clienti (che sono gli stessi soci della Cassa) misure ben più restrittive di quelle previste dalla legge, che invece si applica a tutti i cittadini italiani e serve a perseguire le giuste finalità in premessa.
Per intenderci: le misure deliberate dal Consiglio non hanno alcun impatto sulla società italiana, ma solo su noi soci della Cassa Sovvenzioni e Risparmio.
Esempio: il collega che ha bisogno di contante per più di 3.000 euro (perché sta partendo per una vacanza, o per tremila ragioni possibili) dovrà chiederli compilando un modulo per iscritto, riportando nome e cognome delle persone a cui intende dare i soldi, l’importo di ciascun pagamento e anche i motivi per cui effettuerà i diversi pagamenti. Poi dovrà consegnare il modulo all’operatore di cassa, il quale comunque potrà rifiutare di consegnare i contanti richiesti, qualora il socio forniscainformazioni ritenute “generiche e non inquadrabili in fattispecie concretamente valutabili”.
Tutto questo serve ad alleggerire il lavoro dei colleghi in cassa? Non sembra. Allora serve a rispettare la privacy dei colleghi/soci? Peggio che andar di notte. E allora?
A fine luglio, avevamo rivolto pubblicamente questa domanda al Presidente della Cassa, ma non ci ha risposto nessuno tranne un sindacato, che purtroppo ha confuso il ruolo del Consiglio, che è l’unico organo a decidere i provvedimenti, con il ruolo del Collegio sindacale che invece deve solo verificare che i provvedimenti stessi non siano contrari alla legge e allo statuto.
Al di là di questi giuristi improvvisati, la domanda resta inevasa. Cosa abbiamo fatto di male noi soci per meritarci questo regime speciale? Ci sono fra noi riciclatori? Evasori abituali? Terroristi? O che altro?
Ecco, nessuno risponde, tranne qualche voce che filtra dalle segrete stanze e che racconta di fatti rilevati in alcune realtà romane, e che comunque vanno a discapito di 16.000 soci in servizio e in quiescenza, invece che di una decina.
Sarà davvero questo il motivo?
Noi del SIBC indagheremo a fondo sulla faccenda, perché - oltre al fatto non proprio simpatico di avere dei limiti più stringenti rispetto al resto della popolazione italiana - a noi di passare per potenziali riciclatori o terroristi, non piace affatto. A voi sì?
Secondo noi è arrivato il tempo di cambiare, con il SIBC!