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venerdì 11 novembre 2011

Newsletter - La Riforma con le toppe

Come abbiamo spiegato più volte, moltissimi di noi, per assicurare il regolare andamento dell’attività, svolgono stabilmente mansioni superiori rispetto al grado di appartenenza, senza essere compensati in alcun modo, né economicamente, né in termini di carriera. Si tratta ormai di un problema strutturale, diffuso in tutte le aree di lavoro, la cui soluzione deve essere posta non alla fine, ma a premessa della prossima Riforma delle Carriere.
All’interno del macroproblema di cui sopra, c’è il tema del rapporto fra inquadramento e titolo di studio di fatto necessario per l’assunzione ai diversi gradi. Gli ultimi concorsi per vice assistente e per assistente ne sono testimonianza perfetta. Da tempo, infatti, l’Amministrazione assume personale altamente qualificato, inquadrandolo in carriere e gradi inferiori alle effettive mansioni assegnate, e risparmiando così sul costo del personale. Per di più, la Banca d’Italia è rimasta forse l’ultima amministrazione pubblica della Repubblica Italiana a non inquadrare nel personale direttivo i neoassunti cui è richiesto il requisito della laurea.
La questione non può essere affrontata a pezzi, proponendo interventi sconnessi che mettono una toppa ai problemi di una elite di persone, perchè in questo modo si acuiscono le gravissime disparità già esistenti tra colleghi che - pur svolgendo di fatto le stesse mansioni - hanno retribuzioni e prospettive di carriera completamente diverse.

Per esempio, invece di affrontare le questioni nella loro interezza, due successivi volantini del CIDA tirano fuori dal pentolone due questioni specifiche e dimenticano tutto il resto: prima la reggenza di “divisioni presso le Filiali” affidata a 57 Funzionari di 1°, da trasformare in titolo valutabile in sede di prova a condirettore, poi la proposta di inquadrare i futuri coadiutori “borsisti” direttamente nella carriera Direttiva, riducendo nel frattempo il numero di anni per sostenere il concorso interno per il passaggio a F2 dagli attuali 5 anni a 3.

Vogliamo dirlo con molta chiarezza: qui non esistono coadiutori di serie A (borsisti) e coadiutori di serie B (provenienti da selezione interna). E nemmeno esistono coadiutori-einstein (i futuri assunti) e coadiutori-fessi (quelli attualmente in servizio).
Ripescare la proposta più impresentabile che l’Amministrazione avesse avanzato in sede di negoziato sulla Riforma delle Carriere, senza definire i meccanismi di reinquadramento del personale in servizio serve, oltre che a riaffermare l’organica vicinanza del CIDA alle posizioni dell’Amministrazione, a:
1. “svalutare” la posizione degli attuali Funzionari, che hanno penato non poco per superare la prova dopo 5 anni, e si troverebbero di fatto parificati a novelli borsisti (“chi supera l’attuale concorso esterno per borse di studio riservate a laureati magistrali venga inquadrato nella carriera direttiva”);
2. “bastonare” i Coadiutori attualmente in servizio, borsisti e non, che verrebbero scavalcati dai futuri assunti dai concorsi esterni, a parità di requisiti richiesti;
3. “prendere per il naso” gli stessi Coadiutori in servizio, con l’illusoria promessa della riduzione dei tempi per il concorso interno. Il vero problema di carriera dei coadiutori non è infatti la durata dei tempi minimi previsti per il concorso interno, ma il collo di bottiglia determinato dall’elevatissimo e crescente numero dei partecipanti rispetto al ristrettissimo numero di posti “concessi” (che la Banca finge di non poter nemmeno coprire integralmente, come solo il SIBC osa denunciare). Senza un “rivoluzionario” aumento dei posti messi a disposizione in tutti i concorsi interni, si finirebbe per avere effetti opposti a quelli dichiarati, allungando per la maggioranza dei coadiutori i tempi del passaggio alla carriera direttiva.

E’ di palmare evidenza che la proposta del CIDA persegue una politica legittima, che si schianta in pieno contro gli interessi dei Coadiutori e dei Funzionari in servizio in Banca d’Italia.

Analogamente, la questione della reggenza affidata (con mansioni superiori “da almeno due anni”) a 57 Funzionari di 1° non si può risolvere con un “aiutino” in sede d’esame, poiché come già scritto nella nostra Newsletter del 19 ottobre, siamo di fronte a una violazione dell’art. 13 dello Statuto dei Lavoratori. Anche su questo, occorre una soluzione organica e complessiva, cominciando col superare la parsimonia con la quale si attribuiscono “voti utili” in sede di convegno e si stabilisce il numero annuo di nuovi condirettori.
E’ bene che tutti entrino poi nell’ordine di idee che “il mercato degli incarichi” va ridefinito in modo trasparente. Se non viene consentito un preciso controllo (anche “sociale”) sui meccanismi di scelta dei colleghi a cui dare incarichi (e a questi poi si apre un’autostrada al passaggio di grado), si spalanca la porta a una pericolosissima deriva, in base alla quale “i soliti noti” scelgono in modo arbitrario chi potrà fare carriera e chi no, senza peraltro rispondere in alcun modo delle loro scelte. Come scriveremo presto, il tema delle mansioni superiori va risolto in modo complessivo e utile per tutti i lavoratori della Banca d’Italia. Che non sono 57, ma siamo più di 7.000.