La riforma della carriera direttiva del 2016 ha introdotto uno strumento per la valutazione dei comportamenti dei capi, il “Questionario a 360° sulla Leadership inclusiva” (modestamente parlando), che fornisce annualmente a capi divisione e capi servizio un feedback sui propri comportamenti, utile anche (in teoria) per le vacancy di tipo funzionale.
Vale la pena approfondirne la logica, considerato anche il momento di “difficoltà” attraversato dall’alta dirigenza della Banca nella gestione del personale (basti considerare l’ansia di richiamare al rispetto delle norme sugli investimenti finanziari privati (msg 5 novembre 2021), il “caso Bertini” e quanto ne è emerso, le decine di denunce di molestie sessuali, che si possono ragionevolmente supporre un sottoinsieme dei casi occorsi).
Il questionario è composto da ben 65 domande (poi dice che l'efficienza cala), la cui scelta e formulazione dovrebbero essere il frutto del lavoro di una task force e di una società di consulenza esterna. Concentriamoci un attimo su tre di queste (“47. Interpreta correttamente i valori della Banca, costituendo un modello di riferimento”; “35. Considera l’aspetto etico e morale delle proprie decisioni”; “59. La coerenza con i suoi valori e quelli dell’azienda viene prima della carriera”) per far emergere alcune riflessioni iniziali:
- “i valori della Banca” richiamati non vengono mai esplicitati, lasciando quindi spazio a una pluralità soggettiva di “interpretazioni corrette” e “modelli di riferimento” quindi opinabili;
- “considerare l’aspetto etico e morale delle proprie decisioni” non significa metterlo al primo posto: dopo averci riflettuto su, si può decidere che altri fattori sono prioritari;
- è anche riconosciuto che, in certi casi, la coerenza con i valori dell’azienda può essere d’ostacolo alla carriera.
Proporre di riscrivere il questionario, considerata la controparte, è fiato sprecato. Queste zone d’ombra andrebbero quindi pragmaticamente affrontate aggiungendo 5 domande alle 65 già presenti nel questionario, che esplicitamente richiamino e valorizzino i principi enunciati di recente dal top management, a integrazione di quelle già presenti e che sfiorano gli stessi argomenti ma restando troppo vaghe. Proporremmo, ad esempio, di includere:
“66 – Impronta il proprio comportamento ai valori di integrità, correttezza e spirito di servizio”, come esplicitati dal Direttore Generale nel Prot. 1566010/21;
“67 – Radica il proprio comportamento nel rigore, nella competenza e nell’integrità”, come affermato dal Direttore Generale nel messaggio del 15/12/21 a commento del caso Bertini;
“68 – Assegna obiettivi chiari, osserva i progressi, misura i risultati e fornisce feedback tempestivi e orientati al miglioramento”, indicate come capacità essenziali per i gestori dal Segretario Generale Martiello, prot. N° 1799194/21;
“69 – Focalizza l’attenzione sul project management, la delega, l’innovazione dei processi, la guida e lo sviluppo dei collaboratori, la cooperazione, il teamworking”, indicate come capacità particolarmente utili per il lavoro ibrido nel suddetto protocollo, alla nota 2;
“70 – Protegge e valorizza il capitale di talenti, di competenze, di apertura al dialogo costruttivo, di spirito di servizio, di flessibilità organizzativa e culturale del proprio personale; presta attenzione alle idee di tutti; protegge e valorizza l’autorevolezza, la forza e la capacità della Banca di far fronte efficacemente alle difficoltà, sostenendo l’indipendenza di giudizio e mantenendo l’integrità”, come dichiarato dal Governatore nel messaggio di auguri delle festività natalizie.
Sappiamo che il questionario è solo uno dei criteri di valutazione dei capi e, quindi, ha una rilevanza limitata. Né ci illudiamo che chi punta sul cinismo e sulla piaggeria, non possa ridere di simili domande.
Ma sarebbe un segnale importante per tutti gli altri: tutti coloro che riconoscono i limiti dell’attuale questionario, dell’attuale sistema di inquadramento e sentono la mancanza di chiari parametri di valutazione.
Sarebbe, altrettanto, un segnale che la Banca manda per esprimere la propria consapevolezza che gli strumenti di selezione e valutazione dei capi devono migliorare, che non siamo proprio nel migliore dei mondi possibili e che si intende fare qualcosa al riguardo.
Sarebbe, di nuovo, un segnale che le comunicazioni di valore non scivolano via come acqua su statue di marmo, ma che vengono raccolte e messe in pratica.
Sarebbe, inoltre, un messaggio formativo per i dipendenti di più recente assunzione, che assorbono le prassi comportamentali soprattutto da colleghi e capi diretti, e quindi, in casi sfortunati, potrebbero assimilare una cultura aziendale equivoca, e perpetuarla, propalarla, perpetrarla.
Sarebbe un promemoria regolarmente sotto gli occhi di tutti i dipendenti dell’Area Manageriale, dei candidati alle vacancy e dei loro selezionatori, e potrebbe stimolare comportamenti che minimizzino la necessità di reiterare interventi quali quelli citati.
Mai più dubbi possono esservi sull’autorevolezza e l’integrità morale e intellettuale del personale e della dirigenza dell’Istituto.